Questa particolare tecnica di coltivazione dei bonsai è generalmente applicata ad alcuni tipi di piante, in particolare al pino giapponese e all’olmo cinese.
Il termine bonsai può essere tradotto in piantato in vaso, per cui in teoria qualsiasi tipologia di pianta può tranquillamente adattarsi a questa tecnica antica. Una delle ultime tendenze è quella di coltivare bonsai realizzati con la cannabis. Ovviamente per ottenere un buon risultato – e soprattutto affinché possa definirsi bonsai – è assolutamente necessario scegliere una varietà adeguata di cannabis e seguire alcuni determinati passaggi.
In questa piccola guida troverai tutto quello che devi sapere riguardo alla pianta di cannabis bonsai.
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Ad esempio, la cannabis utilizzata per ottenere fibre oppure semi, nota come canapa, è legalmente coltivata in molte nazioni di tutto il mondo. Invece, la cannabis che viene usata per le sue proprietà psicoattive, è ritenuta illegale nella maggior parte delle nazioni del mondo.
Tuttavia, il contesto legale intorno alla canapa e alla cannabis in generale sta cambiando in tutto il mondo. Infatti, negli USA, molti Stati hanno legalizzato la cannabis per scopi medici, mentre alcuni di questi hanno dato il benestare per il consumo tra gli adulti.
A causa dei suoi numerosi e controversi usi, la classificazione della cannabis è stata oggetto di dibattito sia legale che scientifico. Nelle prossime righe, scopriremo insieme quali sono i chemiotipi della cannabis e le differenze tra ognuno di loro.
Un bonsai altro non è che un albero in miniatura. Ad ogni modo, il termine bonsai non indica in realtà una particolare specie di albero, ma bensì una tecnica di coltivazione che è usata per limitare le dimensioni della pianta stessa. L’obiettivo di questa coltivazione è quello di ottenere una pianta sana e matura, in grado di esibire delle dimensioni molto più inferiori rispetto a quelle naturali.
L’albero piantato in un piccolo contenitore è in grado di assorbire le sostanze nutritive e di sviluppare un apparato limitato, mantenendo in questo modo le tipiche dimensioni ridotte.
Una pratica che dura da oltre mille anni, nata nell’antica Cina e in Giappone.
Le persone scelgono di coltivare cannabis bonsai soprattutto perché da questi si possono ricavare delle talee.
Grazie alle loro dimensioni, se volete coltivare molte piante in un ambiente ristretto, i bonsai permettono di ottimizzare lo spazio a disposizione. Tuttavia, l’utilità di questi esemplari è di gran lunga più evidente negli ampi giardini di cannabis, dove numerose piante madri bonsai sono in grado di fornire un ampio assortimento genetico a tutta piantagione.
Creare – e poi conservare – piante madri bonsai da cui è possibile ricavare cloni, è davvero un’ottima soluzione per mantenere la diversità genetica nella piantagione senza utilizzare semi.
Tutto ciò che devi fare è seguire attentamente tutta una serie di passaggi. Ecco quali:
Preparare il vaso
Innanzitutto devi preparare il vaso che ospiterà la pianta – basta anche un recipiente abbastanza piccolo, date le dimensioni ridotte del bonsai.
Al fine di facilitare la fase di training – di cui ne parleremo dopo -, alcuni coltivatori realizzano dei fori intorno al perimetro del vaso, a cui poi si agganceranno stringhe e corde. I fori devono essere sufficientemente ampi proprio per avere la possibilità di introdurre i lacci, evitando in questo modo spiacevoli sorprese al momento di iniziare il training.
Piantare le talee
Eccoci alla seconda fase: l’installazione della pianta madre nel vaso. Cercate di scegliere una talea sana e robusta. Queste possono essere prelevate dalla pianta madre anche più volte all’anno, per cui è essenziale che l’esemplare madre produca cime di alta qualità.
Una volta sistemata la pianta madre nel vaso, bisogna inserire un palo di legno. Questo passaggio è importante per guidare la crescita del fusto nella direzione che preferite.
In questa fase è inoltre fondamentale evitare qualsiasi potenziale danno alle radici. Per questo motivo dovrete infilare il palo nel terreno molto delicatamente e accanto al fusto, in modo tale da non danneggiare l’apparato radicale. Dopodiché
utilizzate i lacci per legare il fusto della pianta al palo, che devono essere ancorati ai fori creati precedentemente sui bordi del vaso.
Training
La terza fase consiste nell’iniziare il training dei rami della cannabis bonsai. Come con il fusto, anche la direzione dei rami può essere guidata legandoli con delle corde. Se ad esempio vuoi che i rami crescano in orizzontale, devi tirarli con forza verso il basso con i lacci. Se invece preferisci lasciarli crescere in verticale, legali senza stringere troppo. Ricorda sempre di lasciare ai rami un po’ di spazio, in modo tale che possano crescere senza troppe costrizioni.
Potatura
Eccoci arrivati all’ultima fase: la potatura dei rami. Via via che la pianta cresce, i rami devono essere guidati affinché si ottenga la dimensione e la forma di un bonsai classico, oltre che per mantenere un buon ricircolo d’aria a livello del fusto. Per questo risulta fondamentale tagliare soltanto le estensioni secondarie, perché se le diramazioni principali vengono eliminate si rischia di compromettere la crescita e la salute complessiva della pianta.
Si tratta di due particolari tecniche di coltivazione che vengono utilizzate per controllare la dimensione e la forma delle piante di cannabis, e al tempo stesso aumentando anche la loro produttività. Quando si coltiva una pianta bonsai, questi metodi ti aiutano a modificare la struttura dei suoi rami e la sua crescita.
Scendendo nel dettaglio, la tecnica ScrOG consiste nel posizionare sull’estremità superiore della pianta una rete orizzontale. In questo modo si crea una chioma omogenea ed un tronco pulito e stabile proprio come quello degli alberi. Inoltre favorisce anche una maggiore esposizione alla luce, contribuendo a stimolare la crescita delle cime nella pianta bonsai.
Il metodo LST offre risultati molto simili. Chi usa questa tecnica deve legare i rami al bordo del vaso, al fine di favorire la crescita verticale e la produzione di cime, aumentando così l’esposizione alla luce.
Rispondere a questa domanda non è facile, perché la sua durata di utilizzo è ancora oggetto di acceso dibattito. Generalmente i bonsai di cannabis vengono tenuti in fase vegetativa per un tempo indefinito, per cui possono essere utilizzati fino a quando non muoiono. Molti coltivatori hanno inoltre affermato che i bonsai si deteriorano più rapidamente rispetto ai ceppi sativa.
Ad ogni modo è consigliabile sostituire:
● le piante bonsai ogni 3–4 anni;
● gli ibridi ogni 4–5 anni;
● le sativa ogni 5–6 anni.
Ricorda che questi sono tempi puramente indicativi: dipende tutto dalla varietà della pianta e dal tipo di manutenzione che la stessa riceve lungo tutto il suo ciclo vitale.
Le migliori varietà per ottenere la cannabis bonsai
Se il tuo obiettivo è quello di ottenere un perfetto esemplare di cannabis bonsai, il nostro consiglio è quello di partire da una varietà che già di base è di dimensioni ridotte.
Ecco alcuni tipi di cannabis più adatti:
Critical Kush
E’ un ibrido a dominanza indica. Cresce cespuglioso e compatto grazie alla presenza di una proporzione di geni indica:sativa di 80:20. E’ ricca di THC e produce effetti rilassanti e sedativi.
White Widow
Si tratta di una varietà classica olandese particolarmente apprezzata. Questo ibrido è ben equilibrato e offre un potente mix di effetti sativa e indica, oltre che dosi di THC che raggiungono il 20%.
Blue Widow
E’ una pianta a dominanza sativa molto bassa, per cui risulta molto più facile contenere il suo sviluppo.
Purple Punch
Si tratta di una pianta vigorosa in grado comunque di mantenere dimensioni ridotte.
La cannabis bonsai è legale?
Come in generale per la coltivazione della cannabis, in Italia oggi non esiste ancora una specifica legge sull’uso ricreativo di questa pianta. La coltivazione di canapa è consentita soltanto per la produzione di fibre o usi industriali, sempre però che derivi da semi certificati e rispettando i vincoli imposti dalla normativa.
Un bonsai di cannabis altro non è che una pianta di marijuana a tutti gli effetti. Anche se la coltivazione in numero esiguo e per fini personali non costituisce un reato, può comunque configurarsi un illecito.
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